C’è una casa, incastonata tra le colline e i silenzi del tempo, che racconta più di cinquant’anni di vita, sogni e visioni. Non è solo una casa. È un’idea, un’ispirazione, una promessa mantenuta. Oggi si chiama La Dimora del Bassotto, ma le sue radici affondano molto più indietro, in una mente concreta e sognatrice: quella di mio nonno, Paris Franceschi.
Paris era un uomo dai contrasti armoniosi. Macellaio di professione — con mani forti e abili nel taglio netto — e imprenditore edile per passione, con una visione sorprendentemente moderna per l’epoca. Lontano dai riflettori, studiava con curiosità i grandi dell’architettura. Tra tutti, si innamorò dello stile di Frank Lloyd Wright, il genio americano che aveva capito come integrare la casa con il paesaggio, come farla “respirare” con la natura. Wright predicava spazi aperti, linee orizzontali, armonia con l’ambiente e un concetto rivoluzionario: l’architettura organica. Mio nonno non solo ne fu affascinato, ma ne fece il cuore del progetto che aveva in mente.
Tra il 1969 e il 1971, quella visione prese forma. La casa fu edificata da zero, concepita come due unità immobiliari distinte ma sapientemente unite all’interno, come due cuori che battono insieme, ognuno con la propria autonomia ma profondamente legati. Per l’epoca, era una costruzione audace: linee moderne, grandi aperture verso l’esterno, una fluidità negli spazi che anticipava di decenni il modo in cui oggi concepiamo l’abitare.
Qui sono nato. E qui sono cresciuto. Ogni stanza, ogni angolo, ogni trave di legno racconta un pezzo della mia infanzia, dei giochi, dei pranzi di famiglia, delle sere d’estate passate a guardare il cielo. Era molto più di un tetto sopra la testa. Era — ed è ancora — un rifugio, un punto fermo.
Nel 2011 ho deciso che questa storia non poteva restare solo mia. Ho aperto le porte al mondo, trasformando questa dimora in un B&B. È nato così La Dimora del Bassotto, un luogo dove ogni ospite può respirare la storia di una casa pensata con amore e costruita con lungimiranza. Un luogo dove l’anima di Paris aleggia ancora tra le mura, fiera e discreta, come a dire: “Benvenuto, questa casa ha qualcosa da raccontarti.”